Una buona presentazione è una questione di leadership.
Ogni presentazione genera infatti un grande potere: veicola in modo potente le nostre idee, con lo scopo di generare un cambiamento nelle persone.
Un cambiamento che è ispirazione, cultura, informazione.
Un cambiamento che può permettere alle persone di evolversi, migliorare la propria vita o la propria professione.
Le slide sono la scenografia del nostro discorso: con presentazioni brutte, le grandi idee si possono perdere.
Con presentazioni brutte rischiamo di oscurare la nostra idea e di zittire la nostra voce: le slide non devono diventare il protagonista rumoroso che distrae le persone dalla nostra visione di cambiamento.
Potremmo dunque dire che l’abito fa il monaco, perché forma e contenuto di una presentazione devono andare di pari passo, mostrando coerenza ed evitando elementi di distonia.
Lo stesso impegno che impieghiamo a perfezionarci nel public speaking – ovvero l’arte di parlare in pubblico – dobbiamo dunque impiegarlo anche nel creare una presentazione visiva che trasmetta il messaggio che vogliamo far passare.
E lo trasmetta a tal punto che il nostro discorso venga ricordato da chi ci ascolta.
Vogliamo, dunque, renderlo memorabile.
Ecco 3 suggerimenti per parlare in pubblico in modo efficace, con una presentazione perfetta!
1 – Facciamola semplice
Nella nostra vita incontreremo sempre, ad un certo punto, un pubblico che ci fa paura: anche se abbiamo gestito centinaia di presentazioni, arriverà il giorno in cui ce la faremo sotto.
Potremmo immaginarceli tutti in mutande, oppure adottare una strategia vera:
- conoscere alla perfezione l’argomento: proviamo, proviamo, proviamo!
- semplificare le cose per noi e anche per chi ci ascolta.
Fondamentale è tutto ciò che avviene prima della presentazione: scriviamoci il discorso su un foglio e teniamolo in tasca. Facciamolo nostro a tal punto da non aver più bisogno né del foglio, né delle slide (incubo ricorrente è che il proiettore non funzioni: come facciamo, se non conosciamo l’argomento alla perfezione?)
Questo biglietto farà parte di noi: possiamo rileggerlo in treno, ripeterlo ad alta voce, tenerlo con noi come fosse un oggetto totemico che ci dia sicurezza. Più saremo sicuri del nostro discorso, più semplice sarà affrontare la paura del pubblico e soprattutto delle domande.
Semplifichiamo le cose: una slide, una foto, un titolo, un concetto.
Progettiamo il nostro discorso sui post-it: questo piccolo trucco ci aiuterà a esprimere pensieri sintetici.
In questo modo potremo realizzare slide che rappresentano un concetto alla volta, semplicemente rappresentato da una foto iconica e un titolo memorabile.
Si può parlare con numeri, parole, grafici, icone e infografiche, purché la slide non si trasformi in slide doc!
Cos’è uno slide document?
Un tipo particolare di slide, a metà tra la slide visiva e il documento di testo.
Sono slide che vengono inviate via email, quindi devono essere auto portanti, perché non possiamo spiegarle a voce.
Devono avere un albero di navigazione, completo di agenda iniziale (il programma), copertine di sezione e indicatori di sezione.

Possiamo essere originali nel contenuto e nella forma anche nella semplicità .
Scegliamo immagini belle, titoli impressionanti.
Evitiamo i punti elenco, le tabelle illeggibili, tutto ciò che oscura la nostra voce.
Curiamo la scelta delle parole: usiamone poche, all’interno delle slide.
Parole semplici, massimo 5 o 6 per slide. Ogni slide un titolo, ogni slide un concetto.
Le slide non sono dispense: sono solo la traccia di effetto che accompagna il nostro discorso.
2 – Le migliori presentazioni sono conversazioni
Noi ricordiamo più facilmente gli episodi della nostra vita legati alle emozioni.
Allo stesso modo, ricordiamo più facilmente i concetti che ci hanno coinvolto emotivamente.
Il coinvolgimento non passa solo attraverso le nostre parole, la nostra gestualità e uso della voce, ma anche attraverso una metafora visiva: se ogni slide è semplice, chiara, esprime un solo concetto ed è BELLA, le persone la ricorderanno più facilmente.
Ogni scelta formale è una scelta di contenuto.
Più la nostra apertura è forte, più siamo dirompenti, meglio riusciremo a catturare l’attenzione del pubblico. Dicevamo che la prima impressione è quella che conta: e allora apriamo il nostro speech con qualcosa di memorabile, non con la nostra bio!
L’attenzione delle persone si focalizza su di noi nei primi minuti: se la nostra idea è potente, non oscuriamola sciorinando il nostro curriculum. Del resto, se siamo davanti a quella determinata platea, si suppone che tutti sappiano già chi siamo e cosa facciamo.
Lo ribadiremo alla fine, al momento dei saluti!
Possiamo essere divertenti, raccontare una storia personale, fare una domanda scioccante: il nostro stile personale, coniugato con i nostri valori, sarà sicuramente vincente.
Parlare in pubblico, infatti, presuppone che siamo presenti a noi stessi, che doniamo una parte di noi, che usiamo il nostro stile, la nostra voce, la forza della nostra idea. Il concetto di mindfulness, in questo caso, si applica benissimo al tipo di presenza che dobbiamo avere ‘sul palco, quando parliamo in pubblico e facciamo una presentazione.
Per raccontare la nostra storia possiamo usare il potere delle immagini.
Lo sapete che per comprendere una frase occorrono 6-7 secondi in più rispetto al tempo che ci occorre a guardare una fotografia?
Attraverso le immagini i concetti arrivano più velocemente al nostro cervello, permettendoci di cogliere l’insieme del concetto.
Una presentazione efficace è una conversazione: non solo storytelling, dunque, ma anche interazione. Possiamo intervallare la nostra presentazione con una domanda, una esercitazione, per spezzare il flusso del discorso e riprendere a respirare.
Questo ci permetterà di essere più coinvolgenti: capire cosa pensano le persone, se si sentono ispirate, se hanno capito.
Ogni volta che dialoghiamo, creiamo una relazione. Una relazione è una emozione.
L’emozione è un ricordo fissato nella memoria.
Stabiliamo un contatto visivo con le persone: il nostro sguardo deve essere inclusivo e deve abbracciare tutti. Questo non solo ci avvicina in modo potente alle persone, ma ci permette anche di capire se il nostro discorso è efficace, se le persone ci stanno seguendo, se dobbiamo aggiustare il tiro.
3 – Tu non sei il tuo pubblico
Ogni tipo di comunicazione è fondata su tre elementi:
- il mittente, ovvero chi parla
- il destinatario, che è il pubblico che ascolta e partecipa
- il messaggio, che nel caso di una presentazione efficace si sdoppia tra ciò che dobbiamo dire, e ciò che le persone guardano (ovvero le slide)
Informiamoci per tempo su quale pubblico abbiamo davanti.
Soprattutto per capire qual è l’immaginario di chi ci ascolta: quali sono le immagini più evocative per questo tipo di audience? Quali sono i titoli che potrebbero attrarre di più la sua attenzione? Qual è il tipo di linguaggio che dobbiamo utilizzare per parlare a queste persone?
Insomma: non esistono presentazioni universali.
Lo stesso speech che ormai portate in giro per l’Italia da anni, potrebbe richiedere una presentazione differente, in base a chi avete davanti: età , sesso, istruzione, contesto.
Ancora di più se presentate il vostro speech prima in un contesto business, poi in un camp tra colleghi, o infine andate a parlare a un convegno di principianti.
Il tempo di chi ti ascolta è più importante del tuo
Quando avviamo una presentazione, andiamo al sodo: partiamo dalla fine, dalla risoluzione del problema.
Tutti noi vogliamo risparmiare tempo, perché ne abbiamo sempre troppo poco a disposizione, e non vogliamo certo sprecarlo ad ascoltare presentazioni noiose.
Non abbiamo tempo di scoprire chi è l’assassino, nello svolgimento di una trama articolata: nei primi minuti di uno speech vogliamo avere subito la risposta, poi i dati e i particolari.
Immaginate ad esempio di essere invitati a presentare un progetto davanti a un business manager: quanto tempo pensate che abbia? Volete sprecare i primi preziosi minuti del suo tempo a snocciolare il curriculum, o sbattergli subito in faccia l’idea geniale che deve entusiasmarlo?
Pensate allo scenario tipico: voi iniziate a parlarvi addosso e quando siete quasi al punto, il cellulare suona e il mega manager abbandona la sala, perché qualcosa di più importante ne richiede la presenza.
Voi come avete sprecato – o valorizzato – quei primi, brevi momenti?